• info@studiofoglia.it
  • FOCUS: INVESTIRE IN SERBIA

    FOCUS: INVESTIRE IN SERBIA

    La Repubblica di Serbia con i suoi circa sette milioni e mezzo di abitanti è nazione che ha saputo crescere celermente nell’ultimo triennio, forte della sua posizione strategica in area balcanica, delle sue risorse in ambito agricolo, industriale e dei servizi e del suo intrattenere ottime relazioni politiche con Russia e Cina.

    La Serbia ha guadagnato posizioni su posizioni nel ranking riportato nella Doing business list 2017 della Banca Mondiale: ben 44 negli ultimi 2 anni, collocandosi oggi al 47° posto, ed il Paese ha tutta l’intenzione di continuare a operare delle riforme, volte in particolare ad attrarre investimenti esteri nel Paese, con un interesse politico riconfermato dalla presenza ai più alti livelli del Governo Serbo al recente summit sulla nuova Via della Seta a Pechino. E non a caso la Cina sta diventando progressivamente il principale investitore.

    La posizione geografica della Serbia gioca un ruolo importante nel considerare il Paese come potenzialmente interessante e a ciò si aggiungono la prossimità all’Unione Europea, con la quale ha raggiunto un Accordo di Stabilizzazione ed Associazione, per poi ricevere lo status di nazione candidata all’ingresso nell’Unione il 1° marzo 2012 ed i negoziati avviati per l’accesso all’Unione dal gennaio 2014, ma anche e soprattutto i tanti accordi di libero scambio in essere e l’ampio novero di incentivi offerti all’investitore estero dal Governo Serbo, accompagnati da riforme normative in materia di diritto societario e fallimentare.

    Per l’Italia si tratta di conservare un ruolo da protagonista con un partner commerciale di vecchia data e in questo modo di riguadagnarsi, attraverso presenza e investimenti in Serbia, un riposizionamento sulla direttrice principale della Belt and Road Initiative (BRI), in Europa, che va dai porti del Pireo e del Montenegro a Belgrado e poi a Budapest, evitando così di trovarsi ai margini di quello che sarà il principale flusso di merci e servizi tra Asia ed Europa negli anni a venire.

    La Serbia ha concluso numerosi trattati bilaterali e multilaterali di libero scambio di merci e servizi; le esportazioni verso Russia (in forza del Free Trade Agreement dell’agosto 2000 e per prodotti connotabili come Made in Serbia in quanto realizzati almeno al 51% nel Paese), Bielorussia, Kazakhistan, Turchia, Stati Uniti (ove in forza di FTA in essere dal 29 luglio 2015 opera un Generalized System of Preference per prodotti realizzati almeno al 35% in Serbia) e Paesi membri dell’Unione Europea prevedono esenzioni da dazi doganali per un ampio novero di prodotti.

    La Serbia è poi tra i sottoscrittori degli accordi CEFTA del luglio 2007 (oltre a Albania, Bosnia, Macedonia, Kosovo, Montenegro e Moldavia) e EFTA (con Svizzera, Norvegia, Liechtenstein ed Islanda). Ciò rende la Serbia, in combinato con una vasta capacità tecnico-produttiva, ideale hub produttivo per successive esportazione duty-free di prodotti di consumo verso mercati con più di un miliardo di consumatori.

    Inoltre, guardando al succitato report della Banca Mondiale del 2017, all’investitore estero sono sufficienti cinque procedure e sette giorni soltanto per aprire una propria società controllata in Serbia, al di là di tempi e costi necessari a tradurre la documentazione richiesta in lingua serba.

    Operare in Serbia fa si che si possa associare a un sistema logisticamente ed operativamente favorevole, tanto per Paesi vicini come l’Italia o lontani ma che intendano far base in Europa, un contesto estremamente competitivo in termini di costi operativi e di tassazione interna.

    A livello fiscale i redditi d’impresa sono tassati con aliquota del 15% e i dividendi, interessi e capital gains, salva diversa previsione derivante da trattati bilaterali scontano fiscalità al 20%; operano inoltre circa 60 accordi bilaterali volti ad evitare la doppia imposizione, inclusa la Convenzione in essere con l’Italia del 24 febbraio 1982, originariamente stipulata con la Repubblica Federale di Jugoslavia a partire dal 1° gennaio 1985.

    L’aliquota IVA ordinaria è del 20% ed il costo del lavoro, di per sé assai competitivo ( in media poco più di 500 euro mensili) include oneri previdenziali del 14% a fini pensionistici ed infortunistici, dello 0,75% per il fondo disoccupazione e del 5,5% per l’assistenza sanitaria.

    La Serbia ha creato numerose Free Trade Zone (FTZ) (14 nel 2017 a Belgrado, Kragujevac, Krusevac,Novi Sad, Sabac, Pirot, Subotica, Zrenjanin, Proboj, Vranje, Apatin, Svilajnac, Uzice e Smederevo) dotate di un elevato livello di servizio sul piano logistico, tecnico e di strutture informatiche. Tali aree beneficiano di esenzione IVA per le merci in ingresso e per i servizi logistici e di altra natura ad esse correlati, esenzione IVA per operazioni commerciali e servizi prestati all’interno della FTZ o tra operatori allocate in due diverse FTZ ed esenzione IVA sui consumi elettrici e di gas per attività operative realizzate all’interno della FTZ.

    Opera altresì esenzione doganale per prodotti importati al fine di trasformazioni produttive o costruzioni da realizzare sul territorio (materie prime, materiali da costruzione, attrezzature ed impianti).

    I benefici succitati si combinano con un sistema amministrativo unico ed efficiente che opera a livello di FTZ (one stop shop) e con ulteriori incentivi locali, con esenzione da tasse e tributi regionali e municipali.

    linea con il quadro normativo previsto dalla Legge sugli investimenti il 30 dicembre 2016 è stato varato un Decreto attuativo volto a definire gli incentivi previsti per il 2017, che sono divenuti esecutivi e previsti a budget pubblico a far data dal 31 dicembre 2016.

    Possono avere accesso agli incentivi investimenti nel comparto manifatturiero e di servizi al commercio estero previsti nel Decreto, posto che il 25% dei costi di funzionamento ammessi a contributo debbono essere finanziati direttamente dall’investitore con risorse proprie o comunque di fonte diversa da quella del finanziamento pubblico.

    Ne è condizione per l’erogazione l’impegno dell’investitore a mantenere l’investimento nell’allocazione originaria per almeno cinque anni dopo l’avvio del progetto, se trattasi di grandi imprese (ridotti a tre anni per le PMI), con un impegno di stabilità di pari durata per quanto attiene la forza lavoro. L’entità dell’incentivo è parametrata in primo luogo in base alla creazione di nuovi posti di lavoro e dall’allocazione dell’investimento, dove il Paese è stato ripartito in cinque aree distinte, con propria dotazione finanziaria e indicazione dei livelli occupazionali attese.

     

    Dott. Stefano Foglia

     

    Partner Studio Foglia – Dottori Commercialisti

    Vice Presidente Internazionalizza srl